Capitolo IV: Visite Diplomatiche

Sono giorni di festa.
Quelli che si fanno chiamare “Le Vele Spezzate” hanno liberato la città dal giogo della tirannia e dall’oppressione di Leida.
I canti e le danze si spargono per le vie di una città che è stato teatro sì della violenza, ma che ora ha davanti a sè un futuro più tranquillo, più sereno. I dissidenti dell’arcipelago entrano nell’ormai “ex” città di Leida sapendo di venir accolti a braccia aperte, non più rischiando la vita. I maghi rimasti possono ora dopo lungo tempo, abbassare i cappucci e guardarsi intorno non con paura, ma con speranza.
I ribelli vengono trattati come eroi. La gente della città offre del cibo e delle bevande ai propri salvatori.
Ma sono soprattutto le Vele Spezzate quelle a cui vengono tributate le lodi maggiori e che finalmente possono tirare un po’ il fiato e godersi il frutto del loro lavoro. Niente più taglie, nessun motivo per scappare o doversi nascondere. Finalmente un posto, per quanto lontano da casa,… da CHIAMARE … casa.
I festeggiamenti vengono interrotti dal suono acuto di una campana che viene suonata con vigore. Rapidamente il suono viene ripetuto da altre campane come un allarme.
La voce si sparge e sembra come acido su una ferita aperta. Quello che prima era un giorno di festa, sembra poter divenire tutt’altro, e la seconda frase riportata dalle sentinelle sembra essere una conferma.
Le navi sembrano però molto diverse. Quelle provenienti da est sono più “massicce” tre file di cannoni sulla fiancata. I cannoni sembrano essere collegati con dei tubi a delle grosse gemme che sono attivate e che emettono un bagliore freddo, formando quasi una ragnatela nella quale scorre un qualche tipo di energia. La stessa energia che sembra sospingere la nave controvento. Le imbarcazioni provenienti da ovest, più snelle, sono anch’esse ben armate, ma, a differenza delle prime, hanno diverse zone rialzate sul ponte dove alcuni individui abbigliati con lunghe tuniche, sono fermi in circolo.
Si contano 4 navi per parte, ma il vero spettacolo si nota sopra le teste degli astanti. Le nuvole sembrano prima colorarsi di carminio, poi sembrano squarciarsi quando due navi, una da est ed una da ovest si avvicinano. Uno zeppelin con diverse gemme a ovest, armato di bombarde, obici e quelle che sembrano essere delle armi fisse di calibro più piccolo; ad ovest, nel frattempo, si palesa un oggetto volante non meglio identificabile. Sembra una specie di disco allungato, largo e piatto che, lentamente, si posiziona, insieme allo zeppelin, sopra la città.
Di colpo la parte sottostante del disco allungato comincia a brillare e a mutare lasciando intravedere, come fosse trasparente, il ponte del disco stesso, dove, quindici di quelli che sembrano essere maghi, sono in circolo con uno al centro. La parte sottostante muta ancora rivelando uno specchio dove si palesa un enorme volto giovane e rilassato.
Nonostante l’espressione del volto gli abitanti della città cominciano a scappare terrorizzati, chi nelle proprie case, chi cercando la salvezza in un vicolo che alcuni giorni prima era la sua casa.
La voce con tono calmo e pacato comincia:


“Non abbiate paura, non vi faremo del male. Vi prego accettate le nostre scuse, ci dispiace che il nostro arrivo abbia creato tanto scompiglio.
Questo è un giorno memorabile. Un giorno nel quale sia magocrazia che tecnocrazia possono avvicinarsi ad un territorio prima tanto conteso ed ora in mano a dei nuovi gorgati.
Il mio nome è Artif Feerin e sono l’ambasciatore della Magocrazia. Siamo felici di conoscervi e di avere l’opportunità di incontrarci in questo arcipelago, con voi. Insieme ai nostri omologhi della Tecnocrazia siamo in visita diplomatica.
Ricordate, noi veniamo in pace.
Sempre.”