Capitolo VIIa bis: I giochi dei grandi

Partecipanti: Mox, Caleb, McKay, Sial, Narset

Quelle che inizialmente sembrano stelle non si capisce cosa siano. Mox e Sial si ritrovano da soli in uno spazio senza confini, senza sentire la terra sotto i piedi o qualsiasi sensazione di peso. Gli altri, cercando di mettere a fuoco il cielo sentono un pizzico sul collo, poi nulla, la sensazione è quella di una lunga, lunghissima passeggiata. Al termine della passeggiata tutti tranne Mox e Sial si svegliano… l’odore del piscio travolge i loro sensi. Sial e Mox stanno placidamente dormendo appoggiati ad un muro decrepito. Mox ha la barba più lunga e tutti sentono una fame atroce. Anche Caleb sente la barba che si è allungata. Tutti sentono il disagio dato dalla mancanza d’igiene personale prolungata.

D’un tratto la gravità torna a farsi viva per Mox, riattivata dal modico tastare con il piede di McKay, mentre Sial si risveglia tra le braccia di Caleb. L’aria umida accentua l’odore terribile del vicolo. L’elevatissimo numero di topi rende evidente che la puzza non sia appannaggio esclusivo del vicolo. Usciti dalla strettoia incontriamo la brava gente del luogo: ubriaconi, barboni e tossici di vario tipo con protesi tecnologiche in pessime condizioni. Ci colpisce un sistema efficiente per somministrare rapidamente droga (fialette infilabili) e il fatto che non solo la manutenzione ma anche l’applicazione degli oggetti è davvero pessima.Scopriamo di essere stati parzialmente derubati dei nostri averi, probabilmente dai nostri chaperons.

Decidiamo di dirigerci alla locanda Altro Mondo in formazione da combattimento. Narset chiede in giro informazioni, ma gli abitanti del posto non sembrano molto collaborativi. Il cielo in realtà non sembra essere fatto da stelle ma da gemme. L’aria ricorda quella di una caverna. Capiamo di essere verosimilmente sotto terra. Una mendicante si aggrappa alla gonna di Narset, chiedendole se ha qualcosa da bere. Narset offre da bere in cambio di indicazioni. La donna, confusa, decide di farci da guida. Ha una gamba metallica e ci schernisce dicendo di seguirla se riusciamo a stare al passo. Il nostro passaggio attira molti sguardi vogliosi, che il nostro equipaggiamento sembra essere un deterrente sufficiente a scoraggiare. La camminata continua, con il gruppo avvolto dalla miseria degli astanti.

La taverna ha giusto un filo di pavimentazione e luce intorno. La struttura è messa leggermente meglio rispetto a ciò che la circonda. Nella caverna, delle cui dimensioni non riusciamo a farci un’idea precisa, passa sicuramente anche un fiume, visto che attraversiamo un ponte.Caleb chiede che tipo di affari si svolgono nella taverna e quale sia il conio in uso. La nostra cicerona ci dice che oltre ai classici soldoni si comprano e si vendono parti di corpi. La taverna è abbastanza povera nell’arredamento, l’odore è comunque meglio dell’olezzo dell’esterno. L’igiene dell’oste, ovviamente, lascia molto a desiderare. Circa una trentina di persone, tutti disperati e poco armati, si trovano al momento nella locanda . McKay si pone vicino al camino acceso per creare eventuali vie di fuga aggiuntive. La locanda ha almeno altri due piani e svolge anche attività di bordello. Ci rendiamo conto di essere davvero luridi. Caleb e Narset sentono la chiamata dell’igiene intima, mentre Mox dice che preferisce lo sporco che conosce. Narset offre da bere alla poveraccia. L’oste nota le nostre collane e il suo tono si addolcisce leggermente. Ci viene offerta la stanza 7. La stanza è decisamente umile ma almeno non è lurida. Gli Spettri della ciurma decidono che in mancanza di meglio può andare. Nel costo della stanza sono inclusi anche acqua pulita e pezze per lavarci oltre a del pesce di fiume per nutrirci. Dopo un minimo di indecisione, Mox decide di fare da assaggiatore. Poiché non muore mangiano anche gli altri. Un minimo rifocillati torniamo dall’oste il quale sta sbattendo fuori un avventore.

L’oste, che risponde al nome di Mark, ci dice che il posto a cui dobbiamo rivolgerci è il negozio del signor Anderson, un tizio strano che fa il giocattolaio. Ci dona una bottiglia pregiata di splendida acqua per fare bella figura. Il negozio ha una musichetta strana e strani giocattoli meccanici all’esterno (incluse bambole con protesi) un fortissimo odore di vaniglia proviene dall’interno. La musica è una melodia “moderna” di strumenti sconosciuti (batteria, chitarra elettrica…). Decidiamo di rendere nota la nostra presenza bussando. Dall’interno una voce rauca e flebile ci risponde che è aperto.

All’interno abbiamo la sgradevole sensazione di essere costantemente osservati. Le bambole sono inquietantemente realistiche nella loro espressività. Il tizio chiede a un ragazzino di 8 anni, chiamato Carl, con il viso mutilato e sfigurato di aprire lui la valigetta che abbiamo portato. La pelle grigiastra fa sorgere dei dubbi sullo stato di salute del bambino. Il corpo è coperto di cicatrici e cuciture. Caleb chiede se è stato creato da lui, per tutta risposta il giocattolaio chiede se ne vogliamo comprare uno e mette in mostra la sua insensibilità (sia di Carl che del Giocattolaio) infilzando con uno spillone. Non sono necessarie le doti mediche di Caleb per capire che la vita ha abbandonato il giovane Carl da diverso tempo.

Il giocattolaio apre la valigetta e le nostre collane si sbloccano spontaneamente. Una seconda bambina non morta viene chiamata e il giocattolaio monta un sex toy sulla bambina per farle “guadagnare valore”. Riferisce di vendere molte delle sue creazioni a gente della superficie. Interrogato su Costantin, il macabro inventore ci riferisce che è passato di qua, ma non era solo e soprattutto non sembrava in se’ al momento della consegna. Pare che giri ancora nella zona del porto, accompagnato. Ci offre una guida al prezzo di un giocattolo che Caleb compra sovrapagandolo. In cambio riceviamo un ratto a cui il giocattolaio mette un collare. Scopriamo che i bimbetti costano 40 pezzi d’oro. Partiamo seguendo il topo, con la promessa di tornare perché il tizio ci dice che ci farà uscire in cambio di 2 braccia meccaniche. Ne nasce una conversazione paradossale sul fatto che lui tema che lo sgozziamo, sottolineiamo che nessuno lo sgozzerebbe, semmai lo uccideremo diversamente, gli offriamo della buona acqua per l’informazione (cioè per sapere che lui sa).

Lungo la strada incontriamo dei tizi che incombono sopra a un probabile Costantin che si lamentano del fatto che il Maestro non darà più loro ciò che vogliono perché qualcuno ha fatto casino. Decidiamo di attaccarli con le buone quindi via di incantesimi di Sial e carica di Mox.

L’incantesimo di Sial non sembra efficace, nonostante sia stato ben lanciato. Narset insiste sull’argomento, ma l’avversario resiste: anche la loro pelle è grigiastra e sono pieni di cicatrici. Mox e McKay caricano, Caleb estrae le pistole e cannoneggia, ma gli avversari reagiscono con forza. Sial segue le indicazioni di Narset e lascia partire un incanto di sonno clamoroso, potenziato da bestemmie a divinità innominabili, che stordisce e immobilizza il non morto. Narset decide di insistere sull’argomento, con scarso successo (verosimilmente perché i non morti non hanno bisogno di dormire). Caleb aggira Mox e infila la pistola nell’orecchio del tizio che lo stava tenendo impegnato. La parte posteriore del cranio diventa un’omelette ma il tizio continua a tenere lo scudo, Mox tenta di separare lo scudo dal braccio, riuscendoci, ma perdendo l’equilibrio e crollando sopra a Caleb. McKay si getta a terra senza lasciare la spada per sventrare l’altro tizio. Nella confusione generale il gruppo riesce ad avere la meglio e Caleb immobilizza il capo del terzetto.

Costantin ci dice che l’unica persona che era con lui è la sorella, che non è stata ritenuta degna dal Maestro. Nelle tasche del prigioniero viene rinvenuto un taccuino con nomi e indirizzi. Accanto al cognome Carter un nome di donna e un indirizzo che Mox non riesce a identificare. Ogni nome  a fianco ha un secondo nome femminile. Sial dice che l’indirizzo corrisponde a una città magocratica con un’accademia vicino alla città della Carter. 

Recuperiamo Costantin e il locandiere. Caleb regala una gamba organica alla cicerona e torniamo dal Giocattolaio con pezzi presi dagli avversari appena sconfitti. Il Giocattolaio accetta il pagamento e ci accompagna nello stesso punto dove siamo arrivati.  Arrivati, veniamo attaccati di sorpresa da topi che ci mordono e, probabilmente, drogano. Mox tenta di ammazzare il giocattolaio mentre ma non riesce. Veniamo nuovamente avvolti dal buio.

Qualche tempo dopo ci svegliamo e dopo un breve momento di riflessione decidiamo di partire per la Magocrazia dove recuperiamo il figlio della Carter (che verrà ospitato presso di noi) grazie al di lei aiuto. Parlando con Costantin scopriamo che l’unguento citato nella corrispondenza trovata a MN per il Maestro era un qualche tipo di intruglio per camuffarsi cambiando i connotati.

Stanchi, e con un nemico in più, torniamo ad Approdo dei Popoli.